Oggi è la Giornata mondiale della fibromialgia: un’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla conoscenza di una patologia che si definisce cronica e spesso invalidante. Così come è stato per il World Health Day dello scorso 7 aprile, abbiamo chiesto un parere al nostro esperto Stefano Bertoncello, uno dei membri del nostro Comitato Scientifico. Ecco le sue riflessioni.
Tanti dolori, nessuna causa
Sarebbe troppo banale iniziare questo articolo riportando la classica definizione di Fibromialgia scritta su un libro di testo o su un qualsiasi articolo che tratta questo argomento. Quello che vorrei fare invece è indurvi a pensare. Immaginate di svegliarvi una mattina con dolori diffusi in alcuni punti del vostro corpo: almeno 11, per la precisione. Pensate che questi dolori vi accompagnino lungo tutto l’arco della giornata e per più giorni. Come prima cosa andate dal medico per indagarne l’origine e probabilmente lui vi prescrive esami del sangue e qualche indagine radiografica. Alla fine risulta tutto negativo: per questa patologia non sono mai state riscontrate alterazioni a carico del sistema muscolo-scheletrico collegate ai punti dolorosi e gli esami di laboratorio sono utili solo per la diagnosi differenziale con altre patologie croniche. Il tempo passa, i dolori mutano ma persistono e altri sintomi iniziano ad avanzare. Tra i segnali più evidenti ci sono: stanchezza, affaticabilità, rigidità mattutina, cefalea, colon irritabile, disturbi del sonno, ansia e “ovviamente” depressione, vista la condizione generale. Immaginate di trovarvi in questa situazione: è evidente che il vostro obiettivo è sapere da un lato cosa vi affligge, dall’altro capire cosa fare per poter star meglio. La cura certa per tutto questo? Purtroppo, essendo la fibromialgia una sindrome a eziologia sconosciuta e non una patologia con cause bene note, ad oggi non c’è.
Fibromialgia: strutture nervose eccessivamente sensibili
Mi spiego meglio. Recentemente, in un articolo del Dott.Piercarlo Sarzi-Puttini, considerato in Italia come uno dei massimi esperti di Fibromialgia, essa è stata definita come una “sindrome da sensibilizzazione centrale” la cui base fisiopatologica andrebbe ricercata in un’eccessiva sensibilità delle strutture nervose deputate alla percezione, trasmissione ed elaborazione degli stimoli dolorosi, i cosiddetti nocicettori. La patogenesi riconoscerebbe inoltre alterazioni a carico di numerosi neurotrasmettitori e del sistema neuroendocrino, mentre le modificazioni che si ritiene possano rivestire un maggior ruolo nell’insorgenza della malattia riguardano la riduzione dei livelli di ammine biogene, un’aumentata concentrazione di neurotrasmettitori eccitatori (tra cui la sostanza P, implicata nella modulazione del dolore) e una disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, più comunemente definita come “asse dello stress”.
Quale approccio terapeutico?
L’approccio terapeutico per le persone che si trovano ad affrontare un problema come la fibromialgia, deve essere multidisciplinare perché nessun trattamento si è visto essere uniformemente efficace in tutti i soggetti. Ed è qui che il paziente dovrà essere tale, come suggerisce anche l’etimologia del termine stesso: dovrà avere la pazienza di trovare assieme al medico la terapia farmacologica adatta a lui ma soprattutto, come ribadito dal Dott. Sarzi-Puttini, sono cruciali le forme di terapia non farmacologiche che prevedono una buona dose di esercizio fisico e un supporto psicologico di tipo cognitivo comportamentale. L’attività fisica adattata e personalizzata al soggetto gioca un ruolo centrale in questo quadro clinico poiché i risultati ottenuti con il solo apporto farmacologico sono stati spesso deludenti. Si legge molto sul tipo di attività fisica consigliata ai pazienti fibromialgici, perlopiù si parla di attività cardiocircolatoria blanda e allungamenti muscolari. Personalmente penso che non ci possano essere rigide linee guida da seguire nei casi di fibromialgia perché l’attività va adattata dinamicamente giorno per giorno tramite la conoscenza della persona che si ha davanti, rispettando il dolore che prova quotidianamente ma provando ogni settimana a fare un passo un più.