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World Health Day 2017: la riflessione di Stefano

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Indice articolo

Come ogni anno, oggi 7 aprile, in occasione dell’anniversario della fondazione dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ricorre il World Health Day. Questa edizione ha un focus particolare, tanto diverso quanto importante per l’epoca in cui viviamo.
Per anni sono stati toccati temi di carattere prettamente clinico, incentrati più sulla patologia che sulla persona. Oggi invece giunge finalmente al culmine la campagna “Depression: let’s talk”, avviata lo scorso 10 ottobre nel corso del Mental Health Day. Per la prima volta, un problema considerato per molto tempo unicamente psicologico si trova ad essere al centro dell’attenzione, a prova del fatto che tale problematica, in realtà, è in grado di modificare in maniera profonda lo stato generale di salute del soggetto e non solo la sfera psico-emotiva.

Ma cos’è davvero la salute?

L’OMS definisce la salute come: “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o infermità” (OMS, 1948). Riflettiamo un attimo. Personalmente non mi stupisce molto leggere che, secondo l’European Study of the Epidemiology of Mental Disorder, in Italia c’è la possibilità che l’11,2% della popolazione sia colpita da tale disturbo e che solo il 29% ricorra ad un trattamento adeguato entro il primo anno dalla sua insorgenza. Le previsioni non sono per nulla buone: l’OMS stima che entro il 2030 la depressione sarà la malattia cronica più diffusa nel mondo.

Forse qualcosa ci sta sfuggendo di mano

Per capire meglio cosa sta succedendo, viene in nostro aiuto una definizione più Darwiniana proveniente da Wylie, dove la salute è definita come: “l’adattamento perfetto e continuo di un organismo al suo ambiente”. Le parole “adattamento continuo” evocano un certo dinamismo, un continuo divenire in cui la persona può variare costantemente il suo stato di salute in relazione alla sua condizione fisica, mentale e sociale, il tutto contestualizzato all’ambiente che lo circonda. È innegabile quindi che il concetto di salute del 1948 sia ormai oltrepassato perché l’ambiente è cambiato, le relazioni sociali sono cambiate, il nostro corpo è cambiato ma, soprattutto, la nostra mente è sottoposta a degli stress a cui non siamo ancora biologicamente portati.

Depressione: stressor fisici e psico-emotivi sul banco degli imputati

Non stupisce che tra le cause maggiori della depressione ci siano gli stressor fisici e psico-emotivi. Viviamo in un epoca nella quale puntare all’eccellenza è d’obbligo, dove bisogna essere multitasking, dove la grandezza di un uomo si misura dal successo economico, dove le persone si dimenticano di vivere realmente la “vita” e nonostante tutto, piuttosto che fermarsi a riflettere sulla propria condizione, assumono farmaci per poter continuare imperterriti un meccanismo che lentamente e inesorabilmente porta solo al peggio. Questo stato conduce ad un’ alterazione del sistema neurovegetativo e alla continua ipereccitazione del sistema ortosimpatico (il nostro sistema automatico dall’allerta), cosa che, se protratta nel tempo, conduce alla comparsa di fenomeni che vanno dalla tachicardia, a stati d’ansia e attacchi di panico, tic nervosi, spasmi muscolari, dolori diffusi, insonnia, fino ad alterare irreversibilmente le risposte endocrine e le risposte del sistema immunitario. Questo stato può essere in parte contrastato con una corretta alimentazione, un corretto stile di vita e la giusta dose di attività fisica. 

Ma quindi…cos’è la salute nel 2017?

Personalmente non ho la superbia per dare una definizione esatta a questo concetto così complesso ma penso che, se indirizzassimo le nostre energie nell’instaurare rapporti sociali sani, trovassimo il tempo per prenderci cura del nostro corpo e della nostra mente e ogni tanto ci fermassimo a riflettere sulla nostra condizione, forse potremmo smentire le previsioni dell’OMS per il 2030.

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